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Principio di equivalenza nel d.lgs. 36/2023: cosa prevede

1. Il principio di equivalenza nel d.lgs. 36/2023

Può accadere che, partecipando a una gara, un operatore economico intenda offrire un prodotto o servizio diverso da quello esattamente descritto nel capitolato, ma capace di soddisfare le stesse esigenze della stazione appaltante. È in questi casi che interviene il principio di equivalenza, strumento fondamentale per garantire la concorrenza e prevenire discriminazioni ingiustificate.

Con il nuovo Codice dei contratti pubblici, il principio di equivalenza viene riconfermato e rafforzato. Oggi trova fondamento nell’allegato II.5 del d.lgs. 36/2023, cui fa esplicito rinvio l’art. 79, proseguendo così la linea già tracciata dal precedente art. 68 del d.lgs. 50/2016. L’obiettivo resta quello di favorire la concorrenza e l’innovazione, evitando che specifiche tecniche troppo restrittive limitino ingiustamente l’accesso al mercato.

2. Cosa prevede il principio di equivalenza negli appalti pubblici? 

Il principio di equivalenza, richiamato dall’art. 79 del d.lgs. 36/2023 e disciplinato dall’allegato II.5, consente agli operatori economici di proporre offerte tecnicamente diverse ma funzionalmente equivalenti rispetto alle specifiche indicate dalla stazione appaltante. In questo modo, si garantisce una maggiore apertura del mercato e si valorizza la libertà tecnica delle imprese.

Per dare attuazione concreta al principio, la stazione appaltante non può indicare specifiche che facciano riferimento a una fabbricazione, a una provenienza o a un marchio determinato, se non in casi eccezionali e debitamente motivati. È vietato qualsiasi richiamo che possa ostacolare la concorrenza o favorire determinati operatori a discapito di altri.

Alegato II.5, Parte II-A Specifiche tecniche, d.lgs. 36/2023

“(…) 6. Salvo che siano giustificate dall’oggetto dell’appalto, le specifiche tecniche non possono menzionare una fabbricazione o provenienza determinata o un procedimento particolare caratteristico dei prodotti o dei servizi forniti da un operatore economico specifico, né far riferimento a un marchio, a un brevetto o a un tipo, a un’origine o a una produzione specifica che avrebbero come effetto di favorire o eliminare talune imprese o taluni prodotti. Tale menzione o riferimento sono tuttavia consentiti, in via eccezionale, nel caso in cui una descrizione sufficientemente precisa e intelligibile dell’oggetto dell’appalto non sia possibile applicando il punto 5. In tal caso la menzione o il riferimento sono accompagnati dall’espressione «o equivalente».”

3. Cosa deve fare l’impresa per presentare un’offerta equivalente? 

Per avvalersi del principio di equivalenza, l’operatore economico deve dimostrare già nell’offerta che la soluzione proposta è tecnicamente e funzionalmente equiparabile a quella richiesta dalla stazione appaltante. Lo prevede l’allegato II.5 del d.lgs. 36/2023, che impone all’impresa di fornire elementi oggettivi a supporto dell’equivalenza.

La prova può essere fornita con qualsiasi mezzo idoneo, compresi quelli indicati all’art. 105 del Codice: rapporti di prova, certificazioni di qualità, registri online, costi del ciclo di vita. Non è sufficiente una dichiarazione generica. Secondo la giurisprudenza, se l’offerta non contiene elementi concreti di confronto, l’equivalenza non può essere accertata d’ufficio dalla stazione appaltante, né fatta valere successivamente in sede giudiziaria.

Alegato II.5, Parte II-A Specifiche tecniche, d.lgs. 36/2023

(…) 8. L’offerente dimostra, nella propria offerta, con qualsiasi mezzo appropriato, compresi i mezzi di prova di cui all’articolo 105 del codice, che le soluzioni proposte ottemperano in maniera equivalente alle prestazioni, ai requisiti funzionali e alle specifiche tecniche prescritti.

4. Come deve comportarsi la stazione appaltante in caso di offerta equivalente

Quando un’impresa presenta un’offerta che si discosta dalle specifiche tecniche richieste, ma ne dimostra l’equivalenza, la stazione appaltante ha l’obbligo di valutarla con attenzione. L’amministrazione non può respingere automaticamente l’offerta, ma deve verificare se i prodotti, lavori o servizi proposti siano idonei a soddisfare gli stessi bisogni, anche se ottenuti con soluzioni tecniche diverse.

In presenza di dubbi, deve attivarsi un procedimento istruttorio in contraddittorio con l’operatore economico, per accertare la reale equivalenza delle prestazioni offerte. Solo al termine di tale valutazione, e qualora emerga l’effettiva non conformità, potrà disporre l’esclusione dalla gara. L’eventuale decisione è impugnabile dinanzi al TAR, in caso di manifesta illogicità o carenza di motivazione.

5. Quando si può derogare al principio di equivalenza negli appalti pubblici

Il principio di equivalenza conosce alcune eccezioni, ammesse solo in casi specifici e motivati. La stazione appaltante può indicare marchi, brevetti o procedimenti particolari se non è possibile descrivere l’oggetto dell’appalto in modo chiaro ed esaustivo mediante caratteristiche generiche. In questi casi, il riferimento a uno standard determinato è legittimo, ma deve sempre essere accompagnato dalla clausola “o equivalente”.

Una deroga è inoltre ammessa quando l’appalto richiede tecnologie brevettate o prodotti con caratteristiche tecniche uniche, non sostituibili da alternative equivalenti. Tuttavia, anche in tali ipotesi, la stazione appaltante deve fornire una motivazione oggettiva e proporzionata, documentando perché non sia possibile garantire il risultato richiesto tramite soluzioni diverse.

6. Quando il principio di equivalenza non si applica

Il principio di equivalenza non trova applicazione quando l’offerta si discosta dai requisiti minimi o dalle caratteristiche essenziali previste dalla documentazione di gara. In questi casi, la proposta non è considerata equivalente, ma semplicemente difforme, e deve essere esclusa dalla procedura.

La commissione giudicatrice non può disapplicare la lex specialis, anche se alcune clausole appaiono superate o inopportune. Ogni valutazione deve avvenire nel rispetto delle regole fissate dalla stazione appaltante. L’unico rimedio possibile, in presenza di errori nella predisposizione del bando, è l’attivazione del potere di autotutela da parte dell’amministrazione.

7. In conclusione 

Il principio di equivalenza è uno strumento prezioso per garantire la massima apertura del mercato e favorire la partecipazione degli operatori economici, ma richiede attenzione sia da parte delle imprese che delle stazioni appaltanti. Una sua applicazione scorretta, o peggio ancora arbitraria, può compromettere la legittimità della procedura e determinare contenziosi evitabili.

Quando assistiamo amministrazioni o società pubbliche nella redazione degli atti di gara, poniamo sempre particolare cura nella definizione dei requisiti minimi e delle specifiche tecniche, evidenziando sin dall’inizio le condizioni per l’eventuale accoglimento di offerte equivalenti. Allo stesso tempo, supportiamo gli operatori economici nella predisposizione di offerte tecnicamente fondate, in grado di valorizzare il principio di equivalenza senza rischiare l’esclusione.

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[1] TAR Milano, Sez. II, sentenza 2 febbraio 2024, n. 276. 

 

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